Celebrazioni per il 25 Aprile. Il discorso di Sanaz Partow a Siena

Mi chiamo Mahsa, Mahsa Amini, ho 22 anni. Sono una studentessa, amo l’arte e la musica. Nel settembre 2022 ero in visita a Tehran. Stavo salendo le scale della metropolitana insieme al mio fratello quando gli agenti della polizia morale mi hanno fermata e hanno iniziato a trascinarmi nel loro furgone. Mio fratello gridava: vi prego , lasciatela, non ha fatto niente!
Non siamo di qua e qua non abbiamo nessuno! Mi hanno sbattuta sul bordo del marciapiede e mi hanno portata via. Poche ore dopo ero in coma in terapia intensiva e dopo 3 giorni ero morta. L’immagine del mio giovane volto innocente in fin di vita, pubblicata da una coraggiosa giornalista, ha scatenato la rabbia di milioni di concittadini che erano diventati le mie sorelle e i miei fratelli. Mio fratello aveva detto siamo soli ma si sbagliava. Il mio nome oramai è conosciuto in tutto il mondo ed è diventato il sinonimo di lotta e di resistenza.

Mi chiamo Hadis, Hadis Najafi, ho 23 anni. Lavoravo in un ristorante nella città di Karaj a pochi chilometri da Tehran. La notizia della morte di Mahsa mi aveva colpita nel profondo del cuore e non potevo più tacere. Quel giorno, come centinaia di migliaia di ragazzi, sono scesa per strada. Sapevo che era pericoloso ma dovevo farlo. Prima di buttarmi nella
mischia ho inviato un messaggio vocale ai miei amici che diceva: “ vorrei che dopo qualche anno, quando finalmente saremo liberi, potessimo riascoltare questo messaggio. Quel giorno sarò molto felice e orgogliosa di ciò che sto facendo oggi e potrò dire SI! IO C’ERO ! “
Poche ore dopo mi hanno uccisa sparandomi 7 volte. 7 colpi per il mio esile corpo di appena 45 chili!!

Mi chiamo Mohammad Hosseini. Ho 39 anni. Faccio l’operaio da quando ero un ragazzino perché ho perso molto presto i genitori e non avevo uno stato che mi proteggesse. Sono diventato anche un campione di arti marziali. Il 3 novembre del 2022 ho partecipato alla cerimonia del quarantesimo giorno dalla morte di Hadis. Mi hanno arrestato, condannato a Morte e mi hanno impiccato nell’alba dell’8 dicembre! Avranno pensato che ero solo e senza famiglia ma al mio funerale hanno pianto milioni di persone. la mia tomba è sempre colma di fiori. Non ero e non sono solo.

Mi chiamo Mehdi Karami, ho 20 anni. Sono figlio unico nato dai genitori semplici, umili e poveri ma pieni d’amore. Mi hanno cresciuto con molti sacrifici e io sono diventato un campione di arti marziali. Ho riempito la loro piccola e umile dimora con le mie medaglie. Erano tanto orgogliosi. Il 3 novembre c’ero anch’io, per Hadis e per protestare. Protestare a mani vuote. Fui arrestato e pochi giorni dopo arrivò la condanna: avevano deciso di togliermi la vita. Chiamai mio padre, piangevo e avevo un unico pensiero per la testa: – “papà mi hanno condannato a morte…ma ti prego non dirlo alla mamma” dissi! Sono passati 4 mesi da quel terribile giorno in cui la mia condanna è stata eseguita e ai miei genitori resta soltanto una foto incorniciata in mezzo a un muro pieno di medaglie….ma loro non smetteranno mai di lottare per la giustizia.

Il mio nome è Gohar Eshghi. Hanno detto che sono stata inserita nella lista delle prime 100 donne influenti al mondo. Non so cosa significhi, so solo che mio figlio non c’è più. Sattar era un operaio e un blogger. Nel 2012 fu arrestato e dopo 4 giorni di torture venne ucciso. Quando ho chiesto della sua morte, mi hanno detto: “Zitta, non ti riguarda!” Da quel giorno non ho mai smesso di cercare giustizia per mio figlio. Con altre madri in lutto, lottiamo per sapere la verità sulla morte dei nostri figli, colpevoli di aver voluto una vita normale. Ho sempre creduto in Dio e negli uomini, ma non credo in questi uomini di Dio. Ho 80 anni e ho portato il velo per tutta la mia vita. Quest’anno però tolgo il mio velo perché non voglio che altri giovani vengano ammazzati in nome di questa religione e chiedo a tutti di non essere codardi e di uscire per strada!

Sono Nilofar Aghaei, sono un’ostetrica. Quest’anno ho compiuto 31 anni, ma c’era qualcosa di diverso. Pochi mesi prima del mio compleanno ho perso l’occhio sinistro durante le proteste contro il regime islamico! Forse avete sentito nei notiziari che i soldati del regime dell’Iran sparano agli occhi dei manifestanti. Io ero una di loro. mi hanno sparato quando hanno visto la resistenza e l’amore per la vita nei miei occhi! pensavano che sparandomi direttamente negli occhi avrei perso! Volevano esattamente questo; volevano che non potessi vedere la crudeltà e i crimini di questo dittatore. Ma la storia non è andata come credevano! Sono 6 mesi che amo la vita più di prima… Penso a quanto sia strano e bello per me che in mezzo a tante emozioni diverse che vivo ogni giorno, non ci sia posto per il rimpianto e per il pentimento.

Mi chiamo Sarina Esmailzade, ho 16 anni, mi hanno uccisa dentro la mia scuola a colpi di manganello, perché mi sono rifiutata di cantare un inno dedicato all’assassino Ali Khamenei. Mi chiamo Kian Pirfalak e ho 9 anni. Mi hanno ucciso co n un proiettile mentre ero nell’auto con la mia famiglia, perché il mio padre aveva suonato il clacson in segno di protesta. Mi chiamo Siavash e avevo 16 anni. Mi chiamo Nika Shahkarami e avevo 17 anni. Mi chiamo Zakaria, Mohammad. Amin, Aram, Arnika, Pedram, Setare, Ehsan ….. Potrei andare avanti per ore!

Sono questi i nostri partigiani. Giovani, belli e coraggiosi. Sono quelli che hanno detto no alla dittatura e al fascismo islamico e Hanno deciso di lottare e sacrificarsi. Ma per cosa? Forse il più bel modo di spiegarlo è quello di usare una canzone. La canzone “ Baraye” che in persiano significa “per”. Una canzone di Shervin Hajipuor che ha raccolto alcuni dei milioni di hashtag in cui ogni uno diceva per che cosa si deve lottare:

Per poter ballare per strada
Per la paura nel momento di un bacio
Per mia sorella, la tua sorella, per le nostre sorelle
Per cambiare le menti che sono marce
Per la desolazione di essere squattrinato
Per il desiderio di una vita normale
Per il bambino che rovista nei rifiuti e per i suoi sogni
Per questa economia di comando
Per quest’aria così inquinata
Per “Vali asr” e i suoi alberi secolari consumati
Per il ghepardo “Pirooz” che rischia l’estinzione
Per i cani innocenti, vietati e massacrati
Per i pianti senza sosta
Per la ridondante immagine di questo momento
Per il volto che sorride
Per gli studenti e il loro futuro
Per questo paradiso forzato
Per le menti geniali rinchiusi in galera
Per i bambini afgani
Per tutti questi mai ripetitivi
Per tutti questi slogan vuoti
Per il crollo delle case di paglia
Per potersi sentire un po’ tranquilli
Per il sole che sorge dopo lunghe notti
Per tutti i tranquillanti che abbiamo preso e per le notti insonni
Per uomo, terra, prosperità
Per ogni ragazza che ha desiderato essere maschio
Per DONNA, VITA, LIBERTÀ
PER LIBERTÀ………..

A volte penso a come potrei sentirmi e cosa potrei fare se un giorno, tra 20, 40 o 60 anni, qualcuno volesse infangare la memoria di questi ragazzi, volesse dimenticare i loro nomi o non volesse più difendere e gridare i valori della loro resistenza! Se qualcuno dicesse che infondo, quel regime islamofascista ha fatto anche cose buone. No so! non so davvero! Spero solo di non vedere quel giorno.

Il discorso di Silvia Folchi per la Festa della Liberazione 2022

Per ben due anni la pandemia ci ha tolto la possibilità di celebrare la festa più bella tra quelle del nostro calendario civile, e questo avrebbe dovuto essere l’anno della rinascita. Purtroppo questo 25 aprile porta inevitabilmente su di sé l’ombra angosciosa della guerra, causata dall’aggressione della Russia a un paese sovrano.

La memoria della Liberazione si associa oggi all’impegno per la pace, e alla necessità di tornare alla politica come unica possibilità di risoluzione dei conflitti.

È questo il messaggio più attuale che ci hanno consegnato coloro che per vent’anni si opposero al fascismo, soffrendo il carcere e la clandestinità, e generando i presupposti per la lotta di liberazione; di quanti coltivarono il sogno di un’Europa democratica e unita pur nelle differenze; di quanti, mentre ancora si combatteva, iniziavano a gettare le basi della partecipazione politica per raggiungere dignità, giustizia sociale, uguaglianza, che sono il fondamento della nostra Costituzione.

Il loro messaggio, che individua proprio la necessità dell’azione politica per la composizione dei conflitti, può apparire astratto, o pavido, di fronte alla realtà delle città distrutte, alle vittime e alle brutalità della guerra. Ma il vero coraggio, forse, consiste per noi proprio nell’assumere questo mandato in tutta la sua possibile concretezza.

Così come avere chiare le cause che contribuiscono a determinare il precipitare degli eventi ci dà la possibilità non solo di prendere delle posizioni nel dibattito interno al nostro Paese, ma di proporre interventi concreti, che non possono non coinvolgere e chiamare alla loro responsabilità – morale prima ancora che politica – i governi nazionali e l’Europa. Invece in questo momento l’Unione europea abdica al suo ruolo, e le nazioni che la compongono corrono ciascuna al proprio riarmo.

Vorrei ricordare che la centralità del tema della pace non è emersa soltanto adesso, ma è il naturale sviluppo del movimento resistenziale, che negli anni Sessanta ritrova tra l’altro la connessione con il mondo cattolico e con la disobbedienza di don Milani e di Aldo Capitini, in contrasto con la corsa al riarmo e praticando scelte di campo riconducibili all’intesa con le forze morali più avanzate del Paese.

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In ricordo di Piero Martinetti che si rifiutò di giurare fedeltà al fascismo

In seguito al Regio Decreto n. 1227 del 28 agosto 1931, i 1.251 docenti universitari allora in servizio avrebbero dovuto giurare fedeltà non solo “alla patria”, secondo quanto già imposto dal regolamento generale universitario del 1924, ma anche al “regime fascista”. Meno di 20 rifiutarono perdendo così il lavoro. Uno di loro, Piero Martinetti, docente di filosofia all’Università degli Studi di Milano si rifiutò di prestare giuramento. L’Anpi Provinciale di Milano e l’Università Statale di Milano lo hanno ricordato il 24 novembre 2021 con una targa commemorativa.

Buon 25 a tutte e tutti dalla Presidente del Comitato provinciale di Anpi Siena Silvia Folchi

“Nessuno è razza”: il video-tributo dell’Anpi a un mese dalla morte di George Floyd

Per il trigesimo della morte di George Floyd, che cade oggi 25 giugno, importanti nomi del mondo dello spettacolo e dell’arte, tra cui Neri Marcore’, Fabrizio Gifuni, Giuliano Montaldo, Ottavia Piccolo, Massimo Ghini, Ugo Nespolo, hanno risposto all’appello dell’ANPI nazionale per fare umanità contro il razzismo. Ne è nato questo video, con la regia di Luca Gianfrancesco, che raccoglie letture di brani tratti da opere letterarie e passaggi di discorsi di grandi figure della storia dei diritti e della civiltà, da Martin Luther King a Nelson Mandela, da Malcom x fino a Liliana Segre, a Rita Levi Montalcini, al Presidente della Repubblica, Sergio Mattarella.

UIKI ONLUS chiede la fine dell’embargo contro il campo profughi di Mexmûr

Esprimiamo la nostra più ferma condanna del grave attacco aereo dell’esercito turco con droni armati contro il campo profughi di Mexmûr che è costato la vita tre donne che avevano portato le loro pecore al pascolo nei pressi del campo e ferendo altre persone che si trovavano nella zona per accudire il proprio bestiame. Riteniamo corresponsabili dell’attacco sia il governo regionale curdo sia il governo centrale iracheno. Senza approvazione di queste forze, non sarebbe stato possibile questo il grave attacco.

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Il discorso di Carla Nespolo, presidente dell’Associazione Nazionale Partigiani d’Italia – ANPI, in occasione della celebrazione dell’Eccidio di Montemaggio del 2018

«Perché ricordare?
Ricordare ciò che è stato per capire il nostro oggi.

Questo è stato detto, questo condivido, su questo secondo me dobbiamo riflettere e lavorare. Quest’anno sono 70 anni che è entrata in vigore la Costituzione Italiana, quella Costituzione nata dalla Resistenza, fatta di 139 articoli, fatta delle disposizioni transitorie finali, una Costituzione bella, complessa, che nasce da culture politiche diverse, che sa mettere insieme i diritti individuali con i diritti collettivi. Per esempio il diritto al lavoro e la rimozione delle condizioni che rendono possibile questo diritto. Per esempio il rifiuto del razzismo e nello stesso tempo le condizioni per renderlo praticabile questo rifiuto, concreto.

[…] La Costituzione è quella carta che ci fa stare uniti, assieme, diversi nelle nostre opinioni, ma rispettosi gli uni delle opinioni degli altri. Ce l’hanno insegnato quei ragazzi, ce l’anno insegnato i partigiani.

Abbiamo avuto la più grande Resistenza d’Europa. Questa è la storia del nostro Paese, che non è solo pizza e mandolini. Questa è la storia democratica di un Paese cardine di un’Europa che vogliamo democratica.

Gli anni passano, dobbiamo trasmettere alle nuove generazioni questi valori, coi linguaggi di oggi, con i temi di oggi.

La Costituzione deve essere attuata non perché è un verbo sacro, ma perché ci serve a migliorare il nostro presente e il nostro futuro».

L’intervento di Carlo Smuraglia in occasione della commemorazione dell’eccidio di Montemaggio del 2016

Il discorso di Carlo Smuraglia, partigiano, presidente emerito dell’Associazione Nazionale Partigiani d’Italia – ANPI in occasione del 72° anniversario dell’Eccidio di Montemaggio.

«Cominciamo dal ricordo, il ricordo di questi giovani che sono stati spezzati, ma di cui non vanno ricordate soltanto le vite spezzate ma va ricordato tutto ciò che per loro la vita avrebbe rappresentato.
Dietro ognuno di loro ci sono sogni infranti, speranze, gioie, dolori, tutto ciò per cui una vita valga la pena di essere vissuta e questo è stato barbaramente stroncato.

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In ricordo di Maria Maran

«Mia nonna si chiamava Maria Maran. Viene sempre ricordata come Maria Barbato, ma lei era Maria Maran, nata in provincia di Padova nella zona di San Giovanni delle Pertiche nel 1899 da una famiglia contadina. All’età di 9 anni si trasferì coi genitori e i fratelli a Buliciano, un podere tra Colle di Val d’Elsa e Volterra. Di bagagli ne avevano pochissimi, era gente poverissima.

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