Presentato a Siena il libro di Antonio Damiani e Maurizio Framba “Parole per piazza Fontana. Biennio rosso, strage nera”

Riportiamo di seguito l’intervento di Katia Di Rienzo:

Piazza Fontana: prova generale della strategia della tensione

Milano, 12 dicembre 1969 una bomba esplode nella Banca Nazionale dell’Agricoltura in piazza Fontana, provocando 17 morti e 88 feriti. La Strage è fascista e di Stato e, nel pieno dei movimenti di massa di studenti e operai del biennio 68-69 che mettevano seriamente in discussione – in tutto il Paese – lo stato di cose presenti, ha ufficialmente inizio quella che verrà definita la “Strategia della tensione”. Nello stesso orario a Roma scoppiano altre 3 bombe; 16.55 Banca nazionale del Lavoro, 17.22 Altare della Patria, 17.30 gradini del Museo del Risorgimento. Nella Banca Commerciale di Piazza della Scala a Milano, alle 16.25 viene trovata una borsa contenente una bomba che viene fatta esplodere in tutta fretta, eliminando definitivamente una prova preziosa per le indagini. E’ uno dei primi misteri di quel 12 dicembre di 50 anni fa. La prima riflessione che dobbiamo fare è come collocare storicamente la strage di Piazza Fontana, cosa accadde quel giorno, cosa era accaduto nei giorni e nei mesi precedenti, cosa nei giorni e nei mesi seguenti, anche alla luce della spinta degli studenti e delle studentesse, dei lavoratori e delle lavoratrici a Milano e in tutto il Paese. Bisogna sottolineare come, negli anni successivi alla strage, è stata proprio la contro-informazione ad aver inceppato il meccanismo centrale di quella che era la strategia della tensione; strategia che dobbiamo ricordare si dispiegò su tutta l’Europa occidentale;

La strage di Piazza Fontana in primis va inserita in una grande strategia di repressione, di controllo e di governance che dovesse in qualche maniera andare a comprimere gli spazi di democrazia, andare a controllare in maniera molto più forte e reprimere infine le istanze progressiste, di miglioramento dei diritti, delle esistenze e anche le rivendicazioni di quello che possiamo chiamare il protagonismo sociale studentesco del 68 e operaio del 69. La strategia della tensione è pianificata già da tempo; possiamo dire che inizia a vedere la luce agli inizi degli anni 60 per proseguire per tutto quel decennio; ricordiamo ad esempio un importante convegno dell’Istituto di Geopolitica di strategia militare – Istituto Pollio al Parco dei Principi a Roma nel maggio del 65, intitolato “La guerra rivoluzionaria”. Tale convegno in sostanza fu un grande affare per chiamare a raccolta ambienti di destra o a questa attigui nel giornalismo, nell’industria, nei partiti e nei movimenti, ed aveva lo scopo di rafforzare o sondare un fronte a difesa degli interessi conservatori che paventavano la crescita del PCI, il più forte partito comunista in Europa. Questo incontro in qualche maniera sancisce una sorta di alleanza che poi darà vita alla fase operativa della Strategia della tensione, con bombe, stragi e anche con tutto il corollario di depistaggi e di tante altre piccole azioni che vennero attuate, che videro insieme apparati della Nato, delle forze armate, pezzi della politica più dura e i neofascisti italiani, in particolare Ordine Nuovo. E’ necessario sottolineare che Ordine nuovo è il gruppo neonazista più importante di quelle che erano le internazionali nere del tempo; internazionali nere in cui gli italiani appartenenti al MSI negli anni 50 e ad Ordine nuovo negli anni 60, erano la componente più forte, più attiva, quella da imitare. In Europa nasceranno altri movimenti che si ispireranno a Ordine Nuovo; esempio è Ordre nouveau in Francia i cui militanti saranno poi i fondatori del Front national di Jean Marie Le Pen. Sono gruppi militanti neofascisti che hanno un ruolo da protagonisti di minoranze attive nella strategia della tensione europea all’interno di un disegno anticomunista, di repressione sociale o meglio di governance autoritaria; tutto ciò è acclarato dalla storia e non possiamo quindi che posizionare la vicenda di Piazza Fontana in questo contesto, quantomeno nel contesto dell’Europa occidentale. Sicuramente l’Italia era l’osservato speciale, era il punto di ricaduta in cui bisognava adottare la strategia più fine. Rileggendo oggi quegli avvenimenti non possiamo che spiegarli come un intreccio di bombe e depistaggi – o come si direbbe oggi di fake news – un “gioco” che si muove tra bombe, media, coperture politiche e fasi operative. E’ una storia che va dipanata perché diversi sono gli attori che contemporaneamente giocano ruoli diversi: sono agenti dell’intelligence, giornalisti; ma in realtà sono personaggi della destra radicale così come sono militanti di ordine nuovo. In questo gioco di ruoli non si riesce mai a comprendere chiaramente quanto questi soggetti siano confidenti della polizia, quanto siano militanti, quanto siano operatori dei media; questa era una delle capacità di ordine nuovo che aveva al suo interno anche una composizione di militanti decisamente colta, gli Evoliani, che erano ben piazzati in apparati mediatici e non. La nuova gestione dell’Italia, che doveva essere figlia della strategia della tensione, che non doveva avere un sigillo marcatamente o visibilmente fascista come con i colonnelli in Grecia – che era invece quello che speravano gli ordinovisti, dopo che erano andati in “viaggi studio” a visionare come loro possibile sogno quel regime – prevedeva una stretta autoritaria e reazionaria ed è ancora in questa visione che si devono collocare le singole stragi e i singoli eventi. Tutto questo deve essere legato necessariamente alla dimensione europea del tempo; ad esempio in Francia nasce l’OAS – un’organizzazione paramilitare clandestina francese, creata il 20 gennaio 1961 e che avrà un ruolo importantissimo nella guerra d’Algeria; oppure in Portogallo abbiamo INTERPRESS – copertura per un’agenzia di stampa – che costruisce fake news europee e depistaggi europei della strategia della tensione; abbiamo le internazionali nere, con i fascisti che vengono arruolati a metà degli anni 60 e diventano poi il braccio operativo di questa strategia, veri e proprio burattini nelle mani di poteri ben strutturati, radicati e forti. I neofascisti accettano questo ruolo entusiasticamente, intravedendo la possibilità di una svolta autoritaria legata ad una crociata anticomunista, rinnegando così i principi sanciti nei loro documenti interni, rivelandosi i più fedeli servitori dei borghesi che tanto odiavano nei loro giornali, ma che poi nella prassi storica e nel loro comportamento terroristico hanno completamente contravvenuto. Quindi anche tutta quella che oggi purtroppo è in voga, ossia la narrazione di sogni rivoluzionari sociali sessantotteschi della destra, poi in realtà storicamente non è mai avvenuta; ricordiamo che gli ordinovisti erano quelli che entravano come mazzieri nelle università o mettevano bombe nelle piazze, oppure nelle banche come nella Banca dell’Agricoltura. L’aspetto mediatico della strategia della tensione non è da sottovalutare, anzi! La più nota tra le notizie false che accompagnava tale strategia è “la pista anarchica”subito indicata come pista da seguire successivamente alla strage di Piazza Fontana e per la quale ha fatto le spese come è noto l’anarchico Pino Pinelli. Anche questo è un pezzo della strategia della tensione: come convincere l’opinione pubblica; come trovare dei colpevoli che dovevano essere a sinistra o nell’estrema sinistra, che doveva essere additata come la colpevole; ecco allora che di fronte ad un pericolo sovversivo sarebbe stato inevitabile prendere certe decisione da parte dei capi Dc, dei vertici del Ministero degli Interni, degli apparati militari, aiutati da tutto il codazzo di quel mondo che abbiamo descritto dal punto di vista internazionale e dal punto di vista terroristico. In questo scenario molto magmatico non possiamo esimerci dal ricordare l’infiltrazione di personaggi legati all’apparato dello Stato e di neofascisti all’interno di alcune ali del movimento anarchico italiano; ricordiamo l’infiltrazione di strani sedicenti anarchici come Mario Merlino, militante anarchico, che si scoprì poi aveva partecipato poco tempo prima in una militanza di destra neofascista.

La conoscenza di tutto ciò è stata una grande vittoria della contro informazione che, con il contributo – di cui oggi ne sentiamo tanto la mancanza – di un giornalismo democratico e di pezzi di magistratura hanno avviato un processo di indagine mediatico prima e processuale poi, che ha inchiodato quasi immediatamente alcune incongruenze poliziesche nella morte di Pinelli e tutto il corollario che ne delineava il perimetro. Ed è questa la storia di cui parliamo a 50 anni di distanza; perché c’è tutto il prosieguo di natura giudiziaria, i depistaggi, le fughe eccellenti, di come ordine nuovo nella sua diaspora – viene messo fuori legge nel 73 – abbia continuato la sua attività terroristica in vari pezzi che non si erano rassegnati, che hanno avuto ruoli nella destra radicale almeno fino alla metà degli anni 2000, come ad esempio nei circuiti editoriali e fino a quando la loro vita non è finita non hanno mancato di fare politica e di rivendicare il loro passato in ordine nuovo. La strategia della tensione, sulla carta doveva essere la strategia più organizzata e più vincente di quello che sarebbe dovuto essere il grande progetto di repressione e governance autoritaria dell’Europa occidentale, cosa allora non ha funzionato nella fase due?

Siamo sul finire di un’epoca, una situazione geopolitica che cambia: la sconfitta americana in Vietnam; la fine di Nixon 1969 -1974; la fine dei nuovi regimi fascisti nell’Europa occidentale: la Grecia 21 aprile 1967-24 luglio 1974, la Spagna 1939-1975, il Portogallo 1974; ma soprattutto ci sono le mobilitazioni sociali, il protagonismo sociale di migliaia di donne e di uomini che bloccano quella che sarebbe stata la fase due: un irrigidimento delle garanzie costituzionali, una perdita dei diritti, una gestione molto più autoritaria del nostro Paese sotto il punto di vista della libertà di stampa, della libertà di manifestazione, della stessa gestione del conflitto sociale che, in qualche modo riesce addirittura a bloccare anche l’esperimento del governo Andreotti-Malagodi. Il Governo più a destra che c’era stato in quegli anni e che può essere inteso anch’esso come uno dei prodotti della strategia della tensione che però in qualche maniera naufraga. Tutta la conflittualità sociale presente in Italia è stata, forse inconsapevolmente, un argine ai contraccolpi e ai risultati di una fase in cui la repressione non è mancata ma che non è riuscita a spostare drasticamente – né l’opinione pubblica nè il ceto medio più avanzato – su posizioni che accettassero una deriva autoritaria nel nostro Paese.

I personaggi chiave di questa vicenda, che fine hanno fatto?

Tutto il gruppo di ordine nuovo nasce dalla scissione nella metà degli anni 50 del MSI– un ala dura giovanile neonazista- ed è seguace del pensiero di Julius Evola che è stato uno dei più importanti filosofi tradizionalisti e neonazisti dell’Europa occidentale e che tutt’ora costituisce diciamo un elemento fondante della scuola quadri dei gruppi neofascisti di oggi. Evola è da sempre un punto di riferimento culturale di quell’area e durante la sua vita aveva intrecciato delle generazioni neofasciste tra cui quella di ordine nuovo. Ordine nuovo da metà degli anni 50 ha una composizione molto stretta che è a metà tra un gruppo iniziatico e un gruppo politico, insomma un connubio della costruzione del militante sia dal punto di vista operativo che dal punto di vista ideologico. Vincenzo Vinciguerra – strano personaggio della destra radicale italiana – reo confesso, accusato e arrestato per la strage di Peteano – inizio anni 70- e tutt’ora detenuto, è uno tra quelli che ha svelato per esempio che, l’operatività del militante di ordine nuovo fosse addirittura schedata dalla stessa organizzazione che chiedeva una capacità militare. Ancora ricordiamo che alcuni di ordine nuovo sono repubblichini, e quindi capaci dal punto di vista militare, hanno un know how operativo. Si chiede ai militanti se fossero addestrati alla difesa personale, all’uso di armi, alla guida di veicoli, questa era la base dell’iscrizione a ordine nuovo, non era certo un sodalizio di natura culturale, ma era un gruppo che aveva un suo fanatico indottrinamento, che ha visto ai suoi vertici soprattutto, Pino Rauti e Giulio Maceratini. Rauti – segretario del MSI nel 1990 contrapposto a Fini, delfino di Almirante che portava avanti un’altra dura strategia – fu ai vertici di ordine nuovo sin dalla sua formazione, insieme a quelli che venivano chiamati i ragazzi di Rauti. Rauti fondò fiamma tricolore dopo la svolta di Fiuggi nel gennaio del 1995 da parte di Fini, ed è stato tra i protagonisti di un nuovo partitino che ha svezzato i militanti di casa pound di oggi. Giulio Maceratini è stato per molto tempo fino al 2006 un parlamentare missino. E’ questa l’ala fondativa di ordine nuovo, perseguita più volte nei processi ma graziata dall’ambito terroristico. Abbiamo personaggi come Paolo Signorelli e Filippo Sermonti, ordinovisti che sono stati inquisiti e che sono considerati dei teorici apprezzati della scuola quadri anche dei militanti di oggi. Ci sono gli assolti a livello processuale ma colpevoli conclamati come Franco Freda, Giovanni Ventura, Guido Giannettini un membro degli apparti di intelligence – confidente operativo – nonchè un giornalista che appartiene ideologicamente al piano della destra radicale che ha un ruolo importante; gli scappati con successo all’estero, come per esempio Delfo Zorzi che è uno dei protagonisti della strage di Piazza Fontana, scappato in Giappone. C’è tutta l’ala dura che prosegue la fitta rete di attentati e arriva anche a Piazza della Loggia; ha visto come protagonisti Clemente Graziani, che emigrò in Paraguay dove morì tranquillamente nel 1996. Più generazioni in nero, arruolate nella stratega della tensione e che con il loro fanatismo hanno continuato la loro attività politica in questo paese: Franco Freda, notissimo editore dell’edizioni AR, che si muove nell’editoria tradizionalista, neofascista e neonazista, che è sempre tutt’ora attivo, sia dal punto di vista filosofico che storiografico. Agli inizi degli anni 90 ha costituito un gruppo “gruppi azzurri”, uno degli ultimi sciolti dal punto di vista giudiziario.

Concludiamo dicendo che quella di Piazza Fontana è una vicenda, che ha visto da una parte i protagonisti fondatori di ordine nuovo che sono tornati nel MSI e che hanno avuto la loro vita politica in Parlamento o nelle Segreterie politiche come Rauti o Maceratini, dall’altra ha visto l’ala terroristica continuare a scamparla in diversi processi: dichiarata responsabile ma non più perseguibile, ma tutto ciò non ha impedito alla storia di acclarare la centralità di ordine nuovo dietro la strategia della tensione.

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