Per ben due anni la pandemia ci ha tolto la possibilità di celebrare la festa più bella tra quelle del nostro calendario civile, e questo avrebbe dovuto essere l’anno della rinascita. Purtroppo questo 25 aprile porta inevitabilmente su di sé l’ombra angosciosa della guerra, causata dall’aggressione della Russia a un paese sovrano.
La memoria della Liberazione si associa oggi all’impegno per la pace, e alla necessità di tornare alla politica come unica possibilità di risoluzione dei conflitti.
È questo il messaggio più attuale che ci hanno consegnato coloro che per vent’anni si opposero al fascismo, soffrendo il carcere e la clandestinità, e generando i presupposti per la lotta di liberazione; di quanti coltivarono il sogno di un’Europa democratica e unita pur nelle differenze; di quanti, mentre ancora si combatteva, iniziavano a gettare le basi della partecipazione politica per raggiungere dignità, giustizia sociale, uguaglianza, che sono il fondamento della nostra Costituzione.
Il loro messaggio, che individua proprio la necessità dell’azione politica per la composizione dei conflitti, può apparire astratto, o pavido, di fronte alla realtà delle città distrutte, alle vittime e alle brutalità della guerra. Ma il vero coraggio, forse, consiste per noi proprio nell’assumere questo mandato in tutta la sua possibile concretezza.
Così come avere chiare le cause che contribuiscono a determinare il precipitare degli eventi ci dà la possibilità non solo di prendere delle posizioni nel dibattito interno al nostro Paese, ma di proporre interventi concreti, che non possono non coinvolgere e chiamare alla loro responsabilità – morale prima ancora che politica – i governi nazionali e l’Europa. Invece in questo momento l’Unione europea abdica al suo ruolo, e le nazioni che la compongono corrono ciascuna al proprio riarmo.
Vorrei ricordare che la centralità del tema della pace non è emersa soltanto adesso, ma è il naturale sviluppo del movimento resistenziale, che negli anni Sessanta ritrova tra l’altro la connessione con il mondo cattolico e con la disobbedienza di don Milani e di Aldo Capitini, in contrasto con la corsa al riarmo e praticando scelte di campo riconducibili all’intesa con le forze morali più avanzate del Paese.
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